Dalla Search Engine Optimization alla Search Experience Optimization
Leggendo gli articoli sparsi per il web ci siamo resi conto che c’è ancora tanta confusione su cos’è la SEO e come funziona.
Cominciamo dalle basi: sapete distinguere tra indicizzazione, ottimizzazione e posizionamento?
Per indicizzazione si intende il processo di segnalazione dell’esistenza del sito e delle sue pagine ai motori di ricerca: in parole semplici significa farsi trovare nel grande mare della Rete. L’indicizzazione però non prevede per quali parole chiave farsi trovare, per questo è necessario il processo di ottimizzazione.
L’ottimizzazione di un sito è un’attività tipica del SEO specialist e consiste, ad esempio, nella creazione di tags, keywords, reti di link, etc.
Il posizionamento, infine, consiste nella collocazione effettiva del link verso il sito web tra i risultati di una determinata ricerca, con l’obiettivo di raggiungere la posizione più alta possibile. E’ la diretta conseguenza di indicizzazione e ottimizzazione e più il sito è ottimizzato, migliore sarà il posizionamento.
Falsi miti da sfatare sulla SEO
Leggendo articoli sulla SEO e parlando con clienti e amici, ci siamo resi conto che ci sono ancora dei falsi miti da sfatare. Affrontiamoli uno ad uno.
- “Quando il sito è ottimizzato per i motori di ricerca, in automatico lo è anche per l’utilizzo degli utenti”
Una pagina ottimizzata per i motori di ricerca, è una pagina ottimizzata per rispondere a degli algoritmi. Un sito dev’essere anche ottimizzato pensando allo sguardo dell’utente finale. Negli ultimi anni si sta dando sempre più valore alla user experience, per questo è fondamentale ad esempio evitare testi lunghi e fitti, poco fruibili per chi cerca informazioni.
- “L’ottimizzazione della homepage è sufficiente”
Sbagliato: è importante ottimizzare anche le altre pagine del sito. La home page è una vetrina per approciarsi al sito e a tutte le sue funzionalità, ma molto spesso è proprio nelle altre pagine che si trovano servizi, prodotti e offerte!
- “Si tratta solamente di Page Rank”
Purtroppo questa è una condizione necessaria, ma non sufficiente all’ottimizzazione del sito: altri importanti fattori sono la user experience, il numero di backlink, le ottimizzazioni interne, etc.
- “Meglio creare tanti link che contenuto”
In passato, in effetti, ottenere il maggior numero di link era parte del lavoro del SEO. Nel maggio del 2013 l’aggiornamento di Google Penguin 2.0 ha spostato il focus dalla quantità alla qualità: questo è dunque un caso in cui vale proprio la pena di dire che Less is More (il meno è di più). Ovviamente ottenere link qualificati richiede una quantità maggiore di tempo e risorse.
- Keyword, keyword, keyword ovunque
C’è chi è ancora alla ricerca della keyword density ottimale inserendo keyword ovunque sia possibile con la convinzione che questa sia la soluzione per un buon posizionamento per quella parola-chiave. In realtà l’abuso di keyword, definito keyword stuffing, è malvisto dai motori di ricerca che da tempo riconoscono l’importanza della user experience. Un testo con troppe ripetizioni della keyword risulta freddo e meccanico e non accontenta le necessità dell’utente finale, il vero obiettivo anche per i motori di ricerca.
Uno dei metodi utilizzati da Google per leggere, interpretare e indicizzare un contenuto è il Latent Semantic Indexing: combina le parole e le frasi più comuni, le identifica come parole chiave di quella specifica pagina e, soprattutto, riconosce anche i sinonimi delle keyword. Non è necessario invadere un contenuto con la stessa parola a ripetizione: ben vengano sinonimi e termini della stessa aria semantica che permettano una lettura più sciolta.
- “L’ottimizzazione dei tag Meta Keywords migliora il tuo ranking”
In realtà questa opzione è dismessa da anni: già nel 2009 in un post sul blog di Google si dichiarava ufficialmente che l’uso delle keyword nei metatag era irrilevante. Il meta tag description può essere utilizzato per dare valore al brand e, se utilizzato in modo furbo e intelligente, può essere però molto utile a catturare l’occhio dell’utente e quindi ad attrarre click sui risultati presenti nelle SERP del motore di ricerca.
- “Il file robots.txt serve a indicizzare le pagine”
Ancora una volta, sbagliato. Il file serve a dare direttive opzionali (suggerimenti) che i motori di ricerca possono seguire o meno, anche se di solito lo fanno. Con questo file si può dichiarare cosa si può scansionare all’interno del sito, a partire dai link principali della pagina.
- “Ho già fatto SEO una volta”
Le attività SEO svolte a ottimizzare un sito portano benefici nel lungo periodo ma non per questo una volta è sufficiente. In base a tanti fattori tra cui il traffico e le conversioni, è importante rivedere e aggiornare la propria strategia.
- “La SEO è morta”
La SEO non è affatto morta, semmai è morta la visione isolazionista che valutava i fattori singolarmente e non nel loro insieme.
L’evoluzione della SEO: Search Experience Optimization
Come abbiamo già accennato in alcuni dei punti precedenti, la SEO è cambiata, si è evoluta.
Ma è ancora corretta la definizione di SEO? Il termine “Search Engine Optimization” faceva riferimento alla ottimizzazione per i motori di ricerca ma attualmente è fondamentale ottimizzare il proprio sito web sulla base dell’usabilità da parte degli utenti piuttosto che sulla base di rigidi algoritmi. Per questo motivo c’è chi già parla di Search Experience Optimization.
Dagli States addirittura è arrivata una nuova definizione: IBSO, Intent Based Search Optimization, proprio per valorizzare l’ottimizzazione verso l’intento alla base della ricerca dell’utente.
Anche il ruolo del SEO specialist è cambiato: oggi l’esperto di SEO ha un ruolo fondamentale anche nel processo di sviluppo di un sito web, si occupa di usabilità e user experience fino ad arrivare all’ottimizzazione delle conversioni. Il SEO di oggi è un’analista di rete di contenuti e dei canali su cui vengono veicolati.