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Kerning Conference 2018 – La conferenza internazionale sulla tipografia

Davide Pari
creative director / copywriter
5 Luglio 2018

L’infinito: il tema della sesta edizione del Kerning Conference, tenutasi come di consueto a Faenza, presso il Cinema Teatro Sarti. L’infinito, interpretato dalle grandi personalità del settore, chiamate a trasmettere il loro approccio alla tipografia, le loro esperienze, la loro visione quotidiana di questo mestiere. Un programma molto ricco, dove era impossibile non crearsi grandi aspettative. Un mix di argomenti di ampio raggio, spaziando dagli studi sull’estensione di font della tipografia indiana, alla ricerca sulle specificità dei caratteri tipografici di Jenson; dalla progettazione di caratteri variabili, alle ricerche neurologiche sulla percezione, fino al ruolo della calligrafia nei sistemi educativi internazionali.

 

 

I realtori del Kerning Conference 2018 

Il primo speech è stato quello di Amèlie Bonet (Font Engineer a Monotype), che ha parlato dei suoi studi e delle analisi sull’estensione di font: da prima mostrando il suo lavoro di adattamento alla lingua bengalese del font Pure di Nokia, passando poi a parlare dei Variable Font, l’ultima frontiera della tipografia, dove attraverso un processo chiamato interpolazione ha mostrato come si riescono a dar vita a font in lingue come il cirillico, il bengalese e la scrittura indu. Si è proseguito con lo speech  dedicato alla ricerca e le specificità del carattere Jenson Roman, uno dei primi veri caratteri di tipo romano moderno, raffinato, mai realizzato. Riccardo Olocco (CAST – Cooperativa Anonima Servizi Tipografici), ha ripercorso lo studio di questo carattere realizzato nel 1470 da Nicolas Jenson e dei caratteri romani veneziani del XV secolo, combinando l’uso della conoscenza bibliografica con l’analisi delle lettere. La metodologia messa a punto da Olocco si basa sulla microfotografia dettagliata (utilizzando una lente graduata personalizzata) e successivamente da un processo selettivo di taglio, incolla e sovrapposizione di singole lettere per determinare correttamente i caratteri tipografici utilizzati. Più legato alle emozioni, all’amore e al divertimento è stato invece l’intervento di Maximiliano Sproviero, type designer argentino. Nel suo speech la calligrafia e le lettere diventano arte e passione, e la leggibilità per una volta può non essere la priorità assoluta.

 

Uno “stacco” divertente e interessante è stato quello di David Jonathan Ross, Extra! Extra!” il titolo del suo discorso. Il suo intervento parte con il descrivere uno dei problemi che riscontro spesso i designer: la gestione dello spazio e la possibilità di avere font che lo occupino per intero automaticamente. La visualizzazione della tipografia è regolata infatti da tre fattori: la dimensione dello spazio disponibile, la lunghezza dl testo e le dimensioni del carattere tipografico. Sulla base di questo, David ha progettato un suo carattere tipografico “Fit” progettato espressamente per riempire il maggior spazio possibile e dimostrare le possibilità che le varianti di Open Type (formato di carattere tipografico vettoriale) offrono per la prossima generazione di design di “caratteri estremi”.

Alessia Nicotra, neurologa, ha parlato invece di miti obsoleti: molti designer credono che il lato sinistro del nostro cervello sia completamente logico, razionale e analitico, mentre il lato destro completamente intuitivo e creativo. Attraverso la “guerra cerebrale” Alessia ha instaurato un viaggio tra l’infinità delle connessioni cerebrali e la creatività di tutti. Ma non ci sono stati solo interventi tecnici, e insieme alla riflessione di Alessia, si è aggiunto il pensiero di Ewan Clayton, (calligrafo e docente di design presso la University of Sunderland e visiting presso la University of Reading e la Cooper Union di NYC).  Per lui, la scrittura non è solo uno strumento di trascrizione dell’oralità, ma anche un mezzo di costruzione sociale che permette di creare comunità e di organizzare comportamenti.

 

 

Matt Willey (Art Director del The New York Times), ha affrontato l’argomento tipografico secondo il ruolo che esso ha avuto all’interno dei progetti editoriali sui quali ha lavorato negli ultimi 15 anni: parla di Elephant e Plastique, le due riviste che ha co-fondato e lancianto, presentandole come case-study. L’ultimo speech dopo un intensa giornata è stato quello di Ferdinand Ulrich ricercatore tedesco e collaboratore di Spiekermann. Attendevamo da programma Erik Spiekermann, designer tedesco, ma il suo sostituto Ferdinand ha tenuto comunque un meritevole speech. Ulrich è uno stretto collaboratore di Spiekermann al “Galerie p98a” di Berlino, un museo delle evoluzioni tipografiche, un museo all’avanguardia sul tipes. Ha parlato di come la stampa post-digitale, combina il meglio della tipografia digitale con qualità tridimensionale della stampa tipografica.

 

Si dice che le prime volte non si scordano mai: il Kerning Conference ha confermato in maniera impeccabile questa regola.  

 

 

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